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Ferrari: primo bilancio stagionale (6 GP) – Tra confusione strategica e speranze svanite?

Una scaramuccia in diretta mondiale e un pugno di mosche come punti. Ecco cosa ha portato la Scuderia Ferrari a casa dopo l'appuntamento di Miami.

Il GP di Miami ha offerto l’ennesima prova di una Ferrari che sembra fare il gambero: invece di avanzare, arretra. Era la sesta tappa della stagione e, per un team abituato a rincorrere la perfezione, la trasferta americana rappresentava un banco di prova fondamentale. Eppure, dopo sei appuntamenti stagionali, due gare Sprint e oltre 5.000 km percorsi dai due piloti, parlare ancora di “potenziale inespresso” della SF-25 appare sempre più come un mero esercizio retorico.

Frédéric Vasseur, nel pre-stagione, aveva annunciato un progetto “rivoluzionario” basato su nuove soluzioni aerodinamiche, ma i risultati in pista raccontano una storia diversa, fatta di prestazioni altalenanti e strategie spesso controproducenti.

GP Miami, Ferrari dal potenziale inespresso (che non esiste?)

Guardando ai fatti concreti, i numeri non mentono. La SF-25 è riuscita finora a collezionare un solo podio (se si guarda alle gare intere) e due podi (di cui una vittoria) nelle gare sprint, ma mai nella classica domenicale, e pochi punti separano il costruttore di Maranello dai team di media classifica. Dopo Australia, Cina, Giappone, Bahrain, Arabia Saudita e ora Miami, i valori in campo sono cristallini: la Rossa non è più un faro di sviluppo come non lo è ormai da tempo e, pur avendo superato i 5.000 km percorsi dai test pre-stagionali a oggi, mostra evidenti limiti strutturali. Il comportamento irregolare in curva lenta e l’usura più rapida rispetto alla concorrenza restano problemi su cui il muretto non è mai riuscito a fornire set-up convincenti in tempo reale.

Charles Leclerc in preparazione per la gara di Miami dove non ha affatto brillato
Charles Leclerc in preparazione per la gara di Miami dove non ha affatto brillato

Il vero spartiacque della trasferta americana si è consumato in diretta mondiale con Lewis Hamilton e Charles Leclerc protagonisti. L’inglese, con una gomma media più veloce in quel frangente, ha chiesto via radio di attaccare Andrea Kimi Antonelli per la sesta posizione, ma per farlo necessitava che Leclerc gli concedesse la sua posizione. Al contrario di quanto ci si aspetta da una squadra di vertice, in grado di prendere decisioni rapide, la Ferrari ha tentennato, perdendo tre o quattro giri preziosi dove Hamilton avrebbe potuto concretamente provare l’attacco. L’opportunità sfumata è culminata in un rimprovero pubblico del sette volte campione, un episodio rarissimo che ha messo in luce la mancanza di protocolli solidi per gestire momenti critici e una comunicazione interna tutt’altro che efficiente.

L’arrivo di Lewis Hamilton in Ferrari era stato salutato come il “matrimonio d’interesse”, capace di riportare la Scuderia sul tetto del mondo. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale si è scontrato con una macchina che non risponde ai comandi con la precisione richiesta e con una squadra spesso disunita. La mancanza di chiarezza nei debriefing e le critiche mosse dallo stesso Hamilton sulle procedure di analisi dati e simulazioni riflettono un clima interno teso, ben lontano dall’immagine di unità e determinazione promessa in sede di presentazione.

Il pubblico di casa incollato alla TV non è affatto soddisfatto delle prestazioni della Scuderia Ferrari dopo 6 gare
Il pubblico di casa incollato alla TV non è affatto soddisfatto delle prestazioni della Scuderia Ferrari dopo 6 gare

Con il GP di Spagna (dal 30 maggio all’1 giugno) la Direttiva Tecnica TD018 – che introduce modifiche ai diffusori posteriori e al flusso aerodinamico – è vista come possibile punto di svolta. Tuttavia, gli osservatori più cauti ritengono che i piccoli ritocchi regolamentari porteranno vantaggi limitati alle squadre già competitive nelle curve lente o veloci, mentre la SF-25 appare priva di margini di sviluppo che possano ribaltare davvero la classifica. È quindi probabile che la Ferrari resti sostanzialmente quella che stiamo vedendo, con tutti i suoi limiti tecnici e gestionali.

Dopo Miami, il quadro è più chiaro che mai: la Ferrari è quella che vediamo in pista, con strategie talvolta confusionarie, una comunicazione incerta e una monoposto che fatica a spingersi oltre i propri limiti attuali. La retorica del “potenziale inespresso” sembra la coperta di Linus di una squadra che, anziché guardare al futuro con fiducia, insegue un passato di successi senza riuscire a ritrovarne i segni. Fino a Barcellona – e forse oltre – la Rossa continuerà a navigare in acque perigliose, alla ricerca di una rotta che, finora, sembra sfuggirle.

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