Pagelle GP Imola | I promossi e bocciati: dal Santerno tra un sorso di Lambrusco e un sorpasso mozzafiato
Chi ha impressionato al Santerno e chi ha deluso le aspettative? Tra conferme e grossi punti interrogativi, ecco le Pagelle di F1 Newsauto.it del GP di Imola con voti a team e piloti.

Il GP di Imola ha messo in mostra il meglio e il peggio della Formula 1 moderna: piloti al limite, strategie incomprensibili, monoposto che volano e altre che arrancano come una bottiglia di Lambrusco andata a male. In un weekend dove non sono mancati i colpi di scena, ecco in queste pagelle i voti ai protagonisti della gara, tra chi ha brillato e chi ha fatto davvero fatica a tenere il passo.
PILOTA | VOTO | COMMENTO |
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Max Verstappen | 10 | C’è la Formula 1. E poi c’è Max Verstappen, che ormai gioca a un altro sport. La macchina? Traballa più di un tavolino all’Ikea montato male. La McLaren? Un siluro telecomandato. Ma chi vince alla fine? Lui. Sempre lui. Contro ogni logica ingegneristica, Verstappen tira fuori un sorpasso su Piastri che definire chirurgico è riduttivo: lo ha scartato come si scarta il tonno scaduto al supermercato. Oscar sembrava il Terminator |
Lewis Hamilton & Charles Leclerc | 9.5 | Ah, meno male che esistono Lewis e Charles. Partono dall’abisso delle retrovie, ma riescono comunque a risalire come salmoni controcorrente, portandosi a casa un quarto e un sesto posto che, tutto sommato, sanno di miracolo. Hamilton: silenzioso, solido, chirurgico. |
Lando Norris | 8- | Finalmente Lando fa il Lando, quello bravo. Quello che non si perde nei meme, nei cappellini buffi e nei sogni ad occhi aperti di quando sarà campione del mondo. Parte quarto, arriva secondo, e soprattutto raggira il compagno di squadra come un vecchio lupo di mare. |
Williams | 7+ | Chi l’avrebbe mai detto? La Williams, che fino a poco fa era più lenta di una consegna via piccione, ora se la gioca con la Ferrari. Ebbene sì, step by step, come direbbero gli anglosassoni (e pure i New Kids on the Block ), questa monoposto cresce. Migliora. E, sorpresa delle sorprese, funziona. |
Mercedes | 5 | Che dire… una tragedia in tre atti, solo che manca l’eroe. E pure la trama. Partiamo da Kimi Antonelli, il prodigio bolognese, l’enfant terrible del motorsport italiano, il ragazzo che ci doveva salvare tutti… peccato che si sia piantato durante la corsa, perché stava andando anche bene! |
Aston Martin | 4 | L’Aston Martin è la classica macchina che al sabato sera ti fa credere che sia amore, e poi la domenica mattina scopri che era solo un’illusione da birra calda e luci al neon. In qualifica sembrano una squadra seria: veloci, precisi, pure eleganti, come una granturismo inglese parcheggiata a Monte Carlo. |
Gabriel Bortoleto | 2 | Diciottesimo. Ancora. Ma solo perché due poveri cristi si sono ritirati prima. Altrimenti, come sempre, ultima piazza assicurata, con una regolarità che nemmeno l’orologio atomico di Greenwich riesce a garantire. Ora: ci dicono che Bortoleto è un talento. Un talento di che cosa, esattamente? Del collezionismo di bandiere blu? |
Max Verstappen – Voto: 10 (e lode, con inchino)
C’è la Formula 1. E poi c’è Max Verstappen, che ormai gioca a un altro sport. La macchina? Traballa più di un tavolino all’Ikea montato male. La McLaren? Un siluro telecomandato. Ma chi vince alla fine? Lui. Sempre lui. Contro ogni logica ingegneristica, Verstappen tira fuori un sorpasso su Piastri che definire chirurgico è riduttivo: lo ha scartato come si scarta il tonno scaduto al supermercato. Oscar sembrava il Terminator. Ma si è sciolto alla prima frenata come burro al sole. E Max? Ha preso in mano la gara, ha scrollato le spalle e ha detto: “Ah, sì? Ora guidate voi come me”. Un vero fenomeno! Macchina o non macchina.

Hamilton & Leclerc – Voto: 9.5 (e una preghiera per Charles)
Ah, meno male che esistono Lewis e Charles, perché senza di loro la Ferrari sarebbe solo un bel colore su quattro ruote e qualche post su Instagram. Partono dall’abisso delle retrovie, con una macchina che pare progettata da un gruppo di stagisti bendati, ma riescono comunque a risalire come salmoni controcorrente, portandosi a casa un quarto e un sesto posto che, tutto sommato, sanno di miracolo. Hamilton: silenzioso, solido, chirurgico. Tipo un coltellino svizzero con dentro anche il Wi-Fi. Leclerc invece? Straordinario, brillante, eppure maledettamente sfortunato. A questo punto urge una visita a Lourdes, o almeno un esorcismo tecnico. Perché tra strategie balorde, contatti e tempismo da film horror, Charles continua a pagare pegno alla malasorte come fosse l’abbonamento mensile al canone Rai. Eppure: ci sono. Ci credono. E in mezzo al disastro, sembrano piloti veri in una simulazione glitchata.

Lando Norris – Voto: 8- (senza infamia, ma con furbizia)
Finalmente Lando fa il Lando, quello bravo. Quello che non si perde nei meme, nei cappellini buffi e nei sogni ad occhi aperti di quando sarà campione del mondo. Parte quarto, arriva secondo, e soprattutto raggira il compagno di squadra come un vecchio lupo di mare. Non è stato spettacolare, non ha incendiato Miami, ma ha fatto una cosa fondamentale: ha ragionato. Ha capito che il Mondiale si vince un punto alla volta, non con un sorpasso alla Tokyo Drift in curva 3. E poi, diciamolo: l’ha rifilata a Piastri con l’eleganza di chi ti frega il parcheggio e ti fa pure ciao con la manina. Bravo Lando, ora non perderti in chiacchiere: di gare ce ne sono ancora 17. E le occasioni pure.

Williams – Voto: 7+ (costruita coi mattoncini, ma va come un razzo)
Chi l’avrebbe mai detto? La Williams, che fino a poco fa era più lenta di una consegna via piccione, ora se la gioca con la Ferrari. Ebbene sì, step by step, come direbbero gli anglosassoni (e pure i New Kids on the Block ), questa monoposto cresce. Migliora. E, sorpresa delle sorprese, funziona. È solida, elegante, e non si disfa in mille pezzi alla prima curva. Peccato per la line-up piloti: Albon e Sainz, duo interessante quanto una cena tra ex. Sguardi tesi, scambi di cortesie da sala d’attesa, ma il risultato finale c’è. E, onestamente, sta iniziando a far paura a chi dovrebbe già essere davanti per dovere e pedigree.

Mercedes – Voto: 5 (e pure generoso)
Che dire… una tragedia in tre atti, solo che manca l’eroe. E pure la trama. Partiamo da Kimi Antonelli, il prodigio bolognese, l’enfant terrible del motorsport italiano, peccato che si sia piantato durante la corsa, perché stava andando anche bene! E poi c’è George Russell, che fa il contrario di quello che dovrebbe fare un pilota: va forte quando non serve (in qualifica) e sparisce quando conta davvero (in gara). Da terzo a irrilevante con la grazia di un soufflé che si sgonfia a metà cottura. Il tutto sotto lo sguardo severo – e probabilmente furioso – di Toto Wolff (presente sì, ma dall’altra parte del globo). Insomma: Mercedes a Imola è sembrata girare in modalità power-saving, e se non riaccendono il cervello (e il motore), qui non resta che mettersi comodi e osservare la disfatta.

Aston Martin – Voto: 4 (verde speranza… ma solo al sabato)
L’Aston Martin è la classica macchina che al sabato sera ti fa credere che sia amore, e poi la domenica mattina scopri che era solo un’illusione da birra calda e luci al neon. In qualifica sembrano una squadra seria: veloci, precisi, pure eleganti, come una granturismo inglese parcheggiata a Monte Carlo. Ma poi arriva il momento della verità – la gara – e la vettura diventa più lenta di un taxi con il tassametro rotto. Il passo gara è un mistero degno di X-Files: dove va a finire la prestazione? Dove si nasconde quella velocità? Forse nella stessa stanza in cui Fernando Alonso tiene le sue speranze mondiali ormai fossilizzate. Ah, già… Adrian Newey. L’uomo, il mito, la leggenda. Quello che nel 2026 dovrebbe salvare la baracca. Ma sarà sufficiente? Perché qui servono miracoli, non alettoni. Per ora, Aston Martin è un po’ come un cocktail figo servito nel bicchiere sbagliato: bello da vedere, ma alla fine ti lascia con l’amaro in bocca.

Gabriele Bortoleto – Voto: 2 (e solo perché non esiste lo zero assoluto)
Diciottesimo. Ancora. Ma solo perché due poveri cristi si sono ritirati prima. Altrimenti, come sempre, ultima piazza assicurata, con una regolarità che nemmeno l’orologio atomico di Greenwich riesce a garantire. Ora: ci dicono che Bortoleto è un talento. Un talento di che cosa, esattamente? Del collezionismo di bandiere blu? Perché se la Formula 1 fosse un videogioco, lui sarebbe la modalità “easy”, quella che non impensierisce nessuno, nemmeno per sbaglio. Ogni volta che parte, pare che il suo unico obiettivo sia non disturbare. E in effetti, missione compiuta: nessuno lo vede, nessuno lo sente, nessuno se ne accorge. Se davvero questo è il futuro dell’automobilismo, allora qualcuno vada a riaccendere Rubens Barrichello, perché almeno lui, ogni tanto, un sorpasso lo faceva.